[ITA] La crono e i suoi segreti
Le lancette tornano a farla dalla padrona. Dopo la prima breve tappa contro il tempo arrampicandosi sul San Luca, la nona frazione è di nuovo una sfida contro il cronometro. Da Riccione a San Marino, in apnea per 34,7 km, con tanto di salita nel finale a rendere ancor più impervia la fatica di ogni corridore. Per entrare nel clima della prima giornata della verità di questo Giro d’Italia 2019, abbiamo interpellato Andrea Peron, una vita da cronoman con tanto di alloro mondiale a Stoccarda nel 1991 e argento olimpico a Barcellona 1992 nelle prove a squadre. Il quarantasettenne varesino da diversi anni ricopre il ruolo di Racing Performance Director e ci ha raccontato qualche segreto in vista della cronometro, suo terreno di caccia preferito quando aveva il numero attaccato sulla schiena.
Andrea, che cosa voleva dire per lei la cronometro in un Grande Giro?
«Per me rappresentava sempre un giorno speciale, perché si trattava della mia disciplina favorita, quella in cui andavo forte. La preparavo con massima cura, mentale e fisica, per cercare di ottenere un grande risultato: una cronometro non la si prepara né il giorno prima né la settimana prima, ma ci vanno diversi mesi per arrivare pronti all’appuntamento. Il Team Ineos, ma anche gli altri uomini di classifica come ad esempio Roglic o Nibali, hanno sicuramente studiato e provato il percorso con attenzione. Anche perché sarà una cronometro particolare, per cui non si può lasciare nulla al caso».
Qual è il suo ricordo più bello da corridore?
«Al Giro d’Italia non sono mai riuscito a vincere una cronometro, ma soltanto a piazzarmi tra i primi. Per me, la vittoria più bella, a parte il mondiale a squadre, resta la vittoria della classifica generale della Vuelta a Castilla y Leon: una corsa di una settimana in cui c’era un po’ tutto e in cui ho saputo difendermi sui vari terreni».
Che cosa ci può raccontare del body che vedremo indosso ai ragazzi del Team Ineos?
«Sarà lo stesso già sfoggiato a Bologna ed è simile, salvo per i cambiamenti grafici e per piccole modifiche, a quello che abbiamo lanciato sul finire della scorsa stagione per la cronosquadre mondiale di Innsbruck. Ovviamente, non ci fermiamo e stiamo facendo nuove ricerche per svilupparlo ulteriormente e per trovare il miglior vantaggio possibile a livello aerodinamico. Si tratta di dettagli minimi, c’è poco da limare, però alla fine è uno dei piccoli dettagli che possono fare la differenza, assieme alla bicicletta, al casco e alle altre componenti. C’è sempre un costante sviluppo da parte di tutte le aziende del settore e, anche nel nostro caso, è raro che l’abbigliamento sia uguale da inizio a fine stagione».
Due anni fa si era parlato molto dei pannelli integrati nei body…
«Di acqua sotto i ponti ne è passata e ormai siamo già andati oltre. Il tessuto che utilizziamo adesso, ad esempio, dà riscontri nettamente migliori. Come Castelli siamo poi in stretto contatto con il Team Ineos e sviluppiamo i prodotti in galleria del vento. Ne usiamo una a Milano, in collaborazione con il Politecnico, e una a Trondheim (Norvegia), dove lavoriamo con Luca Oggiano, ingegnere italiano che lavora per l’Università norvegese».
E anche con la Nazionale azzurra non sono mancati i successi in pista studiati sempre in galleria del vento…
«L’oro olimpico di Elia Viviani resta un momento indelebile nella memoria. Ma non va dimenticato quello fresco iridato di quest’anno con Filippo Ganna nell’inseguimento».
Quanto guadagno aerodinamico si può avere da un body all’avanguardia?
«È difficile dare una stima precisa, perché di solito si fa uno studio in cui l’atleta, a parità di velocità, deve spingere quella decina di watt in meno. In galleria del vento si hanno risultati precisi grazie ai nostri software, ma poi tutto va riportato sulla strada ed è difficile calcolare il guadagno complessivo, è possibile soltanto fare delle proiezioni indicative».
Realizzate ogni body su misura per i corridori del Team Ineos?
«Sì. A differenza delle maglie e dei pantaloncini indossati nelle altre tappe che, a parte rari casi, hanno taglie standard, i body vengono, invece, realizzati individualmente per calzare su misura per quel preciso corridore con customizzazioni individuali in base ad altezza, misure antropometriche, spalle, bacino e così via».
Da chi si aspetta una crono di spessore nel Team Ineos?
«Tao (Geoghegan Hart, ndr) assieme a Sivakov è l’atleta più completo: loro due saranno quelli su cui la squadra punta per la cronometro».
Ci svela qualche novità sui body che vedremo indosso a Chris Froome e Geraint Thomas al Tour de France?
«Ci stiamo lavorando da quest’inverno, con la possibilità di limare ancora qualche secondo e sicuramente vedrete qualche chicca. Ma per ora non posso svelarvi nulla».
Testi: Alberto Dolfin
Immagini: Edoardo Civiero – Federico Damiani